autolesionismo

L'autolesionismo è l'insieme di atti volti a procurare danni fisici a se stessi. L'atto più comune con cui si presenta è il taglio superficiale della pelle, ma comprende anche il bruciarsi, il colpire ripetutamente - e volontariamente - oggetti e/o superfici, tirarsi i capelli, ingerire materiali tossici od oggetti. Solitamente l'abuso di sostanze e i disturbi alimentari non vengono intesi come atti autolesionisti poiché i danni ad essi correlati sono collaterali.
Il fine dell'autolesionismo non è il suicidio. La correlazione, che a molti sembra ovvia, "autolesionismo = suicidio" è inesatta, benché vi sia un aumento del rischio di suicidio nelle persone che praticano l'autolesionismo.
Esso si manifesta anche in soggetti che soffrono di depressione, disturbi di ansia, abuso di sostanze, disturbo post traumatico da stress, schizofrenia e disturbi alimentari. L'autolesionismo è più frequente nei ragazzi tra i 12 e 24 anni, ma può insorgere in persone di tutte le età.
Molti sono convinti che chi pratica l'autolesionismo lo faccia per attirare attenzioni. Ciò non è esatto in quanto molte volte chi ne soffre è conscio dei segni visibili e delle cicatrici e, per tanto, prova un senso di vergogna e inadeguatezza che porta loro a fare di tutto per nascondere i segni.
Da un punto di vista medico, tagliarsi stimola il cervello a produrre endorfine, il che provoca un piacere o benessere psicologico momentaneo (cfr. Le endorfine vengono prodotte dal nostro organismo dopo molti sforzi fisici e/o per rispondere a dolori fisici e/o immesse artificialmente attraverso oppiacei). L'autolesionismo può essere definito in termini di danneggiamento del proprio corpo, ma sarebbe più corretto definirlo in termini di scopo per affrontare un problema, un'angoscia emotiva.
